L'obesità viene definita come un accumulo patologico di riserve energetiche nel corpo sotto forma di tessuto adiposo, che si associa a una riduzione dello stato di salute, con effetti sulla qualità e sulla durata della vita. L’obesità consegue ad un bilancio energetico positivo prolungato nel tempo, in cui l'introduzione di energia attraverso il cibo è maggiore della spesa energetica, determinando così aumento ponderale.
Il peso del corpo viene mantenuto in equilibrio attraverso meccanismi fisiologici precisi e armonizzati, che si continuano ad adattare per tutta la vita dell’individuo. Il controllo del bilancio energetico, della stabilità del peso e della composizione corporea è regolato da scambi di informazione tra i depositi energetici del corpo e i centri ipotalamici superiori. I fattori che tendono a perturbare questo equilibrio mettono in moto meccanismi compensatori: ad esempio, in seguito ad una dieta ipocalorica dimagrante, il metabolismo basale verrà ridotto al fine di "risparmiare energia" ed entro breve si stabilirà un nuovo equilibrio tra segnali periferici e risposte centrali; il contrario avviene in caso di aumentato apporto calorico. Se questi meccanismi non esistessero, apporti addizionali anche di poche calorie al giorno rispetto al proprio fabbisogno, porterebbero ad una eccedenza energetica di decine di migliaia di calorie annue, che tradotte in peso significano aumento ponderale annuo di circa 10 kg! Questo è quello che spesso si osserva negli obesi: il continuo eccesso di apporto di alimenti determina la formazione di un nuovo equilibrio energetico, in cui sono necessarie maggiori quantità di cibo per soddisfare la richiesta energetica dell'organismo. Sebbene esistano anche forme monogeniche e sindromiche di obesità, la forma più comune è quella multifattoriale, in cui fattori genetici e ambientali interagiscono tra loro e contribuiscono a causare un eccessivo aumento ponderale. Sebbene sia difficile distinguere tra la familiarità in termini genetici e familiarità in termini di scorrette abitudini alimentari, essa è ormai fatto certo: avere uno o entrambi i genitori sovrappeso aumenta la probabilità che i figli abbiano lo stesso problema. Un'indagine Istat ha rilevato che il 18 % dei ragazzi rischia di essere sovrappeso o obeso nel caso in cui nessuno dei due genitori manifesti questo problema. La percentuale arriva al 34 % in caso di entrambi i genitori sovrappeso o obesi . I geni possono contribuire alla regolazione del bilancio energetico a diversi livelli: in primis, regolando i meccanismi della fame e della sazietà, ma anche nei tassi di alcuni processi metabolici, nella temperatura corporea, nella propensione all’esercizio fisico, nella distribuzione dei tessuti, nelle preferenze di determinati cibi. Al contrario dell'obesità monogenica, in cui è la mutazione di un singolo gene a determinare obesità più o meno grave, nella forma multifattoriale i fattori genetici non sono attribuibili ad una singola mutazione genica, ma più spesso si tratta di un intero assetto genico che predispone all'accumulo di grasso e all'incremento ponderale. Questo "assetto genico predisponente"è stato definito "Thrifty genotype" : durante l’ evoluzione, gli alleli predisponenti per la formazione di depositi energetici (ad esempio nei periodi di carestia) sarebbero stati vantaggiosi ai fini della sopravvivenza e si sarebbero selezionati positivamente fino ai giorni nostri. In origine questi geni avrebbero avuto la funzione di far sì che chi ne fosse provvisto riuscisse a sopravvivere anche nei periodi di grande carestia o scarsità alimentare: questo patrimonio genetico avrebbe consentito di estrarre dal poco cibo ingerito le calorie ed il nutrimento minimo necessario per la sopravvivenza dell'individuo stesso in periodi particolarmente difficili per la ricerca del cibo... una vera fortuna! Oggi invece, nei paesi in cui v’è ampia disponibilità di cibo, tali geni sarebbero inutili o addirittura dannosi, in quanto, in una società come la nostra, con cibo in abbondanza e poca necessità di muoversi, tali geni favorirebbero l'insorgenza di malattie come il diabete, l'obesità e la sindrome metabolica. Il coinvolgimento dei geni è stato confermato da diversi studi, ma da solo non può spiegare l’aumento di prevalenza dell’obesità degli ultimi 70 anni: sicuramente l’ambiente gioca un forte ruolo sullo sviluppo della patologia. Un ambiente che stimola l’obesità è rappresentato da un insieme di fattori che comprendono dieta, attività fisica, educazione e famiglia. Negli ultimi decenni l'alimentazione è cambiata notevolmente rispetto al passato: non solo è eccessiva rispetto al reale fabbisogno, ma si introducono cibi più calorici, ricchi in zuccheri semplici e grassi saturi e insaturi. Questo in parte è dovuto ad una carente educazione nutrizionale della popolazione generale: inesistenti iniziative da parte della sanità e delle scuole e informazione insufficiente da parte dei mass media. In aggiunta a ciò, ci si muove poco o niente: i prati sono stati sostituiti dai divani e “guardie e ladri” dalla Play Station. La scuola, le famiglie, noi tutti giochiamo dunque un ruolo primario e importantissimo: quello di trasmettere l'importanza di uno stile di vita attivo all'insegna dello sport, del movimento e di sane abitudini alimentari.
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Aprile 2018
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Dott.ssa Francesca Brun |
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