Più del 60% delle atlete di élite dichiarano di subire pressioni dall'allenatore per quanto riguarda peso e forma del corpo.
Tali comportamenti possono portare a conseguenze cliniche anche gravi e sono caratterizzate dalla cosiddetta "Triade dell'Atleta". La Triade dell'Atleta è stata descritta per la prima volta nel 1992 dall’American College Of Sport Medicine. Si tratta di un insieme di disturbi fisici e psichici che comprende tre parametri: - disturbi dell’alimentazione - disturbi del ciclo mestruale (oligo/amenorrea) - osteoporosi Tuttavia spesso in passato non è stata riconosciuta, poiché non veniva fatta diagnosi se mancava uno dei tre parametri caratterizzanti. Per questo, tale definizione è stata rivisitata indicando come parametri diagnostici accanto alle disfunzioni mestruali anche una ridotta densità ossea e una bassa disponibilità di energia con o senza Disturbo Alimentare. La Triade non riguarda solo le atlete di alto livello, ma qualunque donna che si alleni eccessivamente senza un adeguato introito calorico giornaliero, cioè alimentandosi in maniera inadeguata. Non è infatti lo sport in sé la vera causa dei disturbi legati alla triade, bensì il disequilibrio tra le energie spese per gli allenamenti e quelle introdotte attraverso la dieta.
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Sono innumerevoli gli studi che dimostrano gli effetti positivi della dieta su prevenzione e trattamento di disturbi cardiovascolari, diabete di tipo 2, ipertensione. Meno conosciuto e meno studiato è invece il legame tra alimentazione e disturbi psichiatrici: quello che mangiamo può fare la differenza su come pensiamo e come ci sentiamo emotivamente? Un cibo più di un altro può aiutarci nella capacità di affrontare i problemi della vita senza venirne sopraffatti? La “Nutritional Psychiatry” è una disciplina emergente che studia la relazione tra abitudini alimentari e disturbi mentali. Nell’ultimo decennio è stata dimostrata una stretta associazione tra cibo e mente: una dieta sana avrebbe un ruolo protettivo sul benessere emotivo e soprattutto sul rischio di sviluppare depressione e disturbi dell’umore. Al momento le ricerche si sono concentrate sui possibili effetti dell’alimentazione sul disturbo bipolare, una patologia psichiatrica caratterizzata da un’alterazione dell’umore, delle emozioni e dei comportamenti. Detta anche “sindrome maniaco depressiva”, è caratterizzata da un’alternanza di episodi depressivi e fasi maniacali che compromette fortemente lo stile di vita del soggetto che ne è affetto. E’ stato dimostrato che i soggetti bipolari hanno una dieta maggiormente calorica e a maggior carico glicemico rispetto ai soggetti sani; hanno abitudini notoriamente poco salutari come elevato consumo di hamburger, patatine, pizza, pane bianco, zucchero, torte, dolci e bevande zuccherine; e basso consumo di frutta, verdura e cereali integrali. Ma è nato prima l’uovo o la gallina? Dagli studi emerge che, senza dubbio, i pazienti bipolari tendono ad avere abitudini alimentari maggiormente sbilanciate, ma in realtà ancora non è chiaro come cibo e malattia interagiscano tra loro. Un’alimentazione scorretta potrebbe essere un effetto della malattia stessa: in effetti, uno dei principali sintomi del disturbo bipolare è l’aumento dell’appetito e del peso corporeo, il che riflette la possibilità che il paziente bipolare sia portato a mangiare di più e ad ingrassare. Inoltre, è possibile che alimenti dolci siano ricercati dai soggetti affetti per soffocare le emozioni e ridurre stress e preoccupazioni: lo zucchero sembrerebbe ridurre il cortisolo, “ormone dello stress”, indiscutibilmente alto nei bipolari a causa di elevato stress cronico non efficacemente gestito. Al tempo stesso, la ricerca di cibo potrebbe essere una conseguenza dei trattamenti farmacologici utilizzati nel trattamento della patologia: l’incremento ponderale è un noto effetto collaterale di alcuni farmaci psichiatrici. Tutte queste ipotesi sono in parte vere, e insieme concorrono al perpetuarsi del problema. La dieta di bassa qualità è pertanto, in parte, CONSEGUENZA della malattia. Tuttavia, è possibile che possa essere considerata una delle CAUSE del disturbo! I meccanismi esatti devono ancora essere stabiliti con esattezza, ma diverse ipotesi sono state fatte, sulla base di numerosi lavori effettuati in tutto il mondo. Il modo di alimentarsi ha effetto su un’enorme varietà di processi che avvengono all’interno del nostro corpo, molti dei quali possono predisporre l’organismo a sviluppare patologie croniche più o meno gravi. Il maggiore interesse degli ultimi anni è stato lo studio del ruolo della dieta nell’infiammazione e nell’ossidazione. E’ ormai noto anche ai non addetti ai lavori come una dieta antinfiammatoria e ricca di antiossidanti possa aiutarci nel prevenire e ridurre il rischio di sviluppare patologie come ipertensione, diabete, infarto, cancro. Si parla meno di disturbi psichiatrici, che tuttavia sembrano essere coinvolti allo stesso modo: ebbene sì, aumentare il consumo di frutta e verdura di stagione, frutta secca e olio di oliva, cereali integrali, legumi e pesce, ha un ruolo protettivo anche su depressione, ansia e disturbo bipolare. Tuttavia, il legame tra dieta e disturbi dell’umore sembra andare oltre a infiammazione e ossidazione. Da recenti studi è emerso che la dieta agisce a livello del sistema delle monoammine - dopamina, serotonina e noradrenalina - neurotrasmettitori coinvolti in prima linea nella regolazione dell’umore, la cui mancata o ridotta funzione è notoriamente coinvolta nei disordini psicologici (esse rappresentano infatti i principali targhet dei farmaci psichiatrici).
Diete ipercaloriche, in particolare con alto contenuto di grassi e zuccheri, influenzano il trasporto e il rilascio di tali composti a livello cerebrale, ostacolandone le funzioni e provocando alterazioni riscontrabili in ansia, depressione, irritabilità, disordini dell’umore e disturbo bipolare. Nei soggetti in trattamento farmacologico, la dieta potrebbe inoltre ridurre l’azione dei farmaci o ostacolarne l’azione, rendendo ancora più difficile la gestione della malattia, già di per sé complicata. Il ruolo preventivo della dieta è innegabile, ma potrebbe essere possibile, nel prossimo futuro, valutare un supporto nutrizionale in appoggio al percorso psichiatrico e alla terapia farmacologica, nel trattamento del disturbo bipolare e altre patologie psichiatriche. Il vantaggio potrebbe essere maggiore di quanto si pensi: si ridurrebbe il rischio di complicazione metaboliche, di cui soggetti psichiatrici sembrano essere a maggior rischio, si sfrutterebbero gli effetti nutraceutici degli alimenti a livello del sistema nervoso e aumenterebbe l’efficacia del trattamento farmacologico e psicoterapeutico in virtù del miglioramento del sistema delle monoammine Il microbiota intestinale è l'insieme di batteri che vive nell'ultimo tratto del tubo digerente e costituisce un ecosistema complesso in perfetta simbiosi con il nostro organismo. Nel rapporto simbiontico fra l'organismo la flora batterica intestinale, noi forniamo il materiale per il sostentamento dei batteri (principalmente residui di cibo indigerito), mentre i microrganismi svolgono varie importanti funzioni, tra cui:
- effetto barriera di fronte alla colonizzazione da parte di batteri patogeni; - modulazione del sistema immunitario e infiammatorio; - produzione di sostanze antimicrobiche (avete capito bene: batteri buoni che producono vere e proprie armi chimiche contro i batteri cattivi!); - effetto protettivo e detossificazione di molecole tossiche; - sintesi di vitamine e regolazione metabolica; - funzione trofica nei confronti dell'integrità della mucosa intestinale - produzione di enzimi fondamentali per i processi digestivi; - regolazione della motilità del tubo digerente e del transito intestinale; Sono quindi fondamentali per l'uomo e per il mantenimento di un buono stato di salute. All'interno de tratto intestinale sono tuttavia presenti anche batteri nocivi e patogeni che, quando tutto funziona come dovrebbe, sono tenuti a bada e non rappresentano un pericolo. Molto spesso, tuttavia, l'equilibrio tra batteri buoni e patogeni all'interno del tratto digerente, viene meno: si tratta di Disbiosi intestinale, in cui i batteri buoni calano di numero, mentre i patogeni prendono il sopravvento. Le cause sono svariate ed è importante risolvere il problema andando a capire il reale motivo che ha dato inizio al processo. Scorrette abitudini alimentari, diete iperproteiche, o ricche di zuccheri semplici e cereali raffinati oppure con grassi saturi animali e idrogenati in eccesso; diete povere di fibre (presenti in frutta, verdura, alimenti integrali), stress, terapia antibiotica o farmacologica, infiammazione cronica; sono tutte condizioni che possono portare ad un’alterazione degli equilibri, con iperproliferazione di microorganismi "cattivi", potenzialmente in grado di colonizzare altre aree corporee (vie urinarie, genitali, ad esempio). Diversi studi hanno inoltre messo in relazione sedentarietà, obesità, e composizione del microbiota. Ebbene sì: i magri hanno batteri diversi dai grassi, così come chi fa attività fisica rispetto a chi non la fa. In obesi e sedentari vi sarebbero maggiori batteri patogeni rispetto ai microrganismi protettivi, che invece prevalgono in soggetti attivi, magri e in salute. Ancora non è chiaro se il peso corporeo e il profilo metabolico che ne risulta siano causa o conseguenza della disbiosi (cioé, sono obeso e quindi sono colonizzato dai batteri sbagliati o i batteri sbagliati hanno fatto sì che diventassi obeso?); certo è che l'attenzione è sempre più rivolta alla salute dell'intestino e al benessere del microbiota, in quanto collegata a molteplici processi da cui deriva la NOSTRA salute e il NOSTRO benessere, inteso nel senso più ampio del termine. Intolleranze e allergie alimentari possono essere causa di disbiosi (attraverso infiammazione e alterazione del transito intestinale) ma più spesso conseguenza: in caso di disbiosi, si verifica una compromissione della permeabilità intestinale, che può portare ad un alterato assorbimento dei nutrienti, comprese sostanze tossiche e infimmanti. Le conseguenze di questi processi possono essere molteplici: dalla comparsa di problemi digestivi all'insorgenza di stanchezza cronica, dal malassorbimento alla comparsa di intolleranza verso molecole verso cui si è particolarmente sensibili. L'alterazione del microbiota intestinale aumenta inoltre il tempo di permanenza del materiale fecale nell'intestino, causando l'alterazione di alcune sostanze nutritive che possono formare amine tossiche e fermentazioni. Questo porta all'infiammazione dell'organismo, risultando in sintomi e disturbi dell’apparato gastrointestinale: cattiva digestione con conseguenti alterazioni del transito intestinale (stitichezza o diarree frequenti), senso di gonfiore e tensione addominale, con dolore, meteorismo, flatulenza, indisposizione e malessere generale, aumentata suscettibilità alle infezioni, micosi nell’intestino (candidosi), vaginiti e cistiti nella donna. Le conseguenze di una disbiosi possono inoltre avere effetti a livello psicologico, con peggioramento dell'umore, nervosismo, ansia; infine disturbi del sonno, stanchezza, astenia. Cosa fare dunque? E' importante, importantissimo, ristabilire l'equilibrio tra batteri buoni e patogeni, al fine di prevenire o correggere sintomatologia intestinale e infiammazione sistemica. Nei casi meno gravi è sufficiente aggiustare le abitudini alimentari senza eccessive restrizioni, mentre casi più delicati necessitano di una dieta restrittiva con esclusione di numerosi alimenti; una sorta di “bonifica” intestinale per ripartire alla grande. In entrambi i casi è utile l'utilizzo di batteri probiotici esogeni e alimenti o integratori prebiotici, di cui parlerò nei prossimi articoli... Nel frattempo: prova a pensarci! Se hai spesso candida, cistite, stanchezza, malumore, cefalea, gonfiore addominale, meteorismo o alvo irregolare... forse potresti aver bisogno di prenderti cura del tuo intestino! Come obbligare i nostri bimbi a mangiare verdure, se noi stessi non ne consumiamo? Perché non dovrebbero bere Coca Cola e mangiare wurstel e patatine, se noi terminiamo regolarmente il nostro pasto con un dolce? "Ma è solo un bimbo! Avrà tutta la vita per fare la dieta!"
NO. Avrà tutta la vita per ingrassare e lottare contro sovrappeso e dismetabolismi, questo stiamo dicendo! Questo non vuol dire MAI McDonald, Nutella e junk food; vuol dire che non può e non deve essere LA REGOLA. L'alimentazione nei primi periodi di vita influenza il metabolismo e la regolazione del bilancio energetico durante l'età adulta. I circuiti neuronali ipotalamici si formano nelle prime fasi di vita. Tali strutture controllano l'appetito, la spesa energetica e il peso corporeo ed è stato dimostrato che il loro sviluppo può essere alterato da una scorretta alimentazione nella prima infanzia. L’ambiente familiare ha un ruolo centrale nel rischio sviluppo sovrappeso: come i genitori organizzano il loro tempo libero (divano o sport?), le loro conoscenze nutrizionali, le abitudini di spesa e cottura degli alimenti influenzano fortemente la condotta di vita e le abitudini alimentari dei figli. Innumerevoli proprietà, consistenza divina e sapore equilibrato: sui banchi del mercato ormai non può mancare l’avocado! Tanti di voi mi chiedono come inserirlo nel contesto di una dieta bilanciata; ecco qualche risposta.
Il contenuto di macros per 100 g di prodotto (fonte INRAN) è il seguente: Proteine 4.4 g Lipidi 23 g Carboidrati 1.8 g L’apporto calorico è di 230 kCal (per darvi la misura, 100 g di fragole ne apportano 27, 100 g di parmigiano quasi 400, 100 g di maionese 655), e anche se le calorie non sono tutto, bisogna almeno in parte tenerne conto! Un avocado di medie dimensioni pesa circa 300 g, apportando quasi 700 calorie e ben 69 g di grassi! La buona notizia è che sono prevalentemente acidi grassi insaturi e sono numerosi gli studi che hanno confermato i suoi effetti benefici sulla salute: riduzione di colesterolo e trigliceridi ematici in primis. La notizia cattiva è che, come per tutto il resto, vale la regola della quantità: se dosi moderate potranno accontentare il palato ed avere effetti positivi, l’esagerazione non è mai amica della linea, né della salute. Una buona strategia è di inserire l’avocado nell’alimentazione quotidiana in quantità moderate e in sostituzione a questo o quell’alimento, a seconda della tipologia di regime seguito e dell’obiettivo di ognuno. Eccezionale al posto dell’olio o delle olive nelle insalate; o di burro d’arachidi e frutta secca negli spuntini. La sua consistenza lo rende un alimento flessibile e facilmente utilizzabile come sostituto del burro nei dolci o della maionese per accompagnare le pietanze più svariate. A mio avviso, gli utilizzi più semplici sono sempre i migliori.. Per voi e per i vostri bimbi, potete usare l’avocado… così: - come farcitura del panino da portare a scuola, da solo à io adoro pane e avocado; oppure insieme a dell’affettato magro à super goloso: pane integrale, avocado e fesa di tacchino - a colazione à pane con un filo di crema al cacao, ricotta e avocado… la morte sua! - in salsa guacamole, per condire hamburger e patatine ed evitare ketchup e maionese. Un’idea in più: frulla insieme mezzo avocado, 1 cucchiaio di cacao e 1 cucchiaino di miele (oppure 1 cucchiaio di Nesquik) à crema di cacao fatta e finita, ma soprattutto buona, buona, buonissima! E’ arrivato il caldo, finalmente, e con lui i primi fine settimana al mare, i vestiti scollati, gli shorts e le gonne corte! Per una pelle luminosa, tonica ed elastica, le scelte alimentari sono fondamentali: scopriamo perché e quali cibi scegliere.
REGOLA NUMERO 1: L’IDRATAZIONE! Assumere 8-10 bicchieri di acqua al giorno, permette di idratare le cellule e i tessuti e aiuta a mantenere la pelle sana e giovane. Bene anche tè e tisane, NO invece brodi, zuppe e succhi di frutta industriali: sale e zucchero sono da evitare! REGOLA NUMERO 2: BANDITI CIBI INDUSTRIALI E CONFEZIONATI! Merendine e dolci, ricchi di zuccheri, grassi saturi e idrogenati, sono alimenti infiammatori e nemici di una pelle omogenea e distesa. REGOLA NUMERO 3: GLI ANTIOSSIDANTI! L’ossidazione dei tessuti da parte dei radicali liberi è la principale causa di invecchiamento cellulare, che si traduce (anche) in colorito spento e pelle impura. Gli antiossidanti li troviamo in frutta e verdura fresche, ma non solo! La VITAMINA A è presente negli alimenti giallo-arancioni: carota, zucca, melone, albicocca e pesca, ma anche nell’uovo e nel fegato! Precursori della vitamina A sono i Carotenoidi, tra cui Zeaxantina e Luteina in prima linea contro i possibili effetti nocivi delle radiazioni solari. Di VITAMINA E ne sono ricchi gli oli vegetali, i cereali integrali, le mandorle, le noci e le nocciole. Vitamina regina contro lo stress ossidativo è la VITAMINA C, presente in kiwi, ribes, ananas, fragole e agrumi. Tra le verdure, ai primi posti per contenuto rucola, peperoni, pomodori e brassicacee (cioè broccoli e parenti). REGOLA NUMERO 4: GLI ACIDI GRASSI ESSENZIALI! In particolare, gli OMEGA 3 sono componenti del tessuto epiteliale e hanno azione antiinfiammatoria. Ne sono ricchi il salmone, il pesce azzurro, le noci, i semi di chia e l’olio di semi di lino. Un super alimento per prepararti alla spiaggia? IL TÈ VERDE. Ma attenzione! Non per ciò che spesso si sente e legge sul web: il tè verde NON fa dimagrire! E’ invece ottimo perché contiene una grande quantità di composti bioattivi antiossidanti e antiinfiammatori: l’EGCG (nome impronunciabile: epigallocatechingallato) e i polifenoli riducono la produzione di sebo e rientrano spesso in formulazioni topiche per il trattamento dell’acne. In generale, una buona idratazione e un’alimentazione ricca di vegetali di stagione fornisce un ampio spettro di sostanze coinvolte nell’elasticità e nella salute della pelle. Una costante cura dell’alimentazione e qualche strategia nutrizionale mirata prima dell’estate, possono fare la differenza! Attenzione però: le vitamine e molte sostanze bioattive sono delicate e perdono la loro azione all’aria, alla luce o in seguito a cottura. Come fare dunque? Scegliere alimenti freschi, e se possibile mangiarli crudi o poco cotti. "Ma 20 minuti di allenamento alla settimana, bastano davvero?
La vera domanda è: come occupi gli altri 10.060 minuti?" Il mio articolo sull'allenamento da Ween! L'obesità viene definita come un accumulo patologico di riserve energetiche nel corpo sotto forma di tessuto adiposo, che si associa a una riduzione dello stato di salute, con effetti sulla qualità e sulla durata della vita. L’obesità consegue ad un bilancio energetico positivo prolungato nel tempo, in cui l'introduzione di energia attraverso il cibo è maggiore della spesa energetica, determinando così aumento ponderale.
Il peso del corpo viene mantenuto in equilibrio attraverso meccanismi fisiologici precisi e armonizzati, che si continuano ad adattare per tutta la vita dell’individuo. Il controllo del bilancio energetico, della stabilità del peso e della composizione corporea è regolato da scambi di informazione tra i depositi energetici del corpo e i centri ipotalamici superiori. I fattori che tendono a perturbare questo equilibrio mettono in moto meccanismi compensatori: ad esempio, in seguito ad una dieta ipocalorica dimagrante, il metabolismo basale verrà ridotto al fine di "risparmiare energia" ed entro breve si stabilirà un nuovo equilibrio tra segnali periferici e risposte centrali; il contrario avviene in caso di aumentato apporto calorico. Se questi meccanismi non esistessero, apporti addizionali anche di poche calorie al giorno rispetto al proprio fabbisogno, porterebbero ad una eccedenza energetica di decine di migliaia di calorie annue, che tradotte in peso significano aumento ponderale annuo di circa 10 kg! Questo è quello che spesso si osserva negli obesi: il continuo eccesso di apporto di alimenti determina la formazione di un nuovo equilibrio energetico, in cui sono necessarie maggiori quantità di cibo per soddisfare la richiesta energetica dell'organismo. Sebbene esistano anche forme monogeniche e sindromiche di obesità, la forma più comune è quella multifattoriale, in cui fattori genetici e ambientali interagiscono tra loro e contribuiscono a causare un eccessivo aumento ponderale. Sebbene sia difficile distinguere tra la familiarità in termini genetici e familiarità in termini di scorrette abitudini alimentari, essa è ormai fatto certo: avere uno o entrambi i genitori sovrappeso aumenta la probabilità che i figli abbiano lo stesso problema. Un'indagine Istat ha rilevato che il 18 % dei ragazzi rischia di essere sovrappeso o obeso nel caso in cui nessuno dei due genitori manifesti questo problema. La percentuale arriva al 34 % in caso di entrambi i genitori sovrappeso o obesi . I geni possono contribuire alla regolazione del bilancio energetico a diversi livelli: in primis, regolando i meccanismi della fame e della sazietà, ma anche nei tassi di alcuni processi metabolici, nella temperatura corporea, nella propensione all’esercizio fisico, nella distribuzione dei tessuti, nelle preferenze di determinati cibi. Al contrario dell'obesità monogenica, in cui è la mutazione di un singolo gene a determinare obesità più o meno grave, nella forma multifattoriale i fattori genetici non sono attribuibili ad una singola mutazione genica, ma più spesso si tratta di un intero assetto genico che predispone all'accumulo di grasso e all'incremento ponderale. Questo "assetto genico predisponente"è stato definito "Thrifty genotype" : durante l’ evoluzione, gli alleli predisponenti per la formazione di depositi energetici (ad esempio nei periodi di carestia) sarebbero stati vantaggiosi ai fini della sopravvivenza e si sarebbero selezionati positivamente fino ai giorni nostri. In origine questi geni avrebbero avuto la funzione di far sì che chi ne fosse provvisto riuscisse a sopravvivere anche nei periodi di grande carestia o scarsità alimentare: questo patrimonio genetico avrebbe consentito di estrarre dal poco cibo ingerito le calorie ed il nutrimento minimo necessario per la sopravvivenza dell'individuo stesso in periodi particolarmente difficili per la ricerca del cibo... una vera fortuna! Oggi invece, nei paesi in cui v’è ampia disponibilità di cibo, tali geni sarebbero inutili o addirittura dannosi, in quanto, in una società come la nostra, con cibo in abbondanza e poca necessità di muoversi, tali geni favorirebbero l'insorgenza di malattie come il diabete, l'obesità e la sindrome metabolica. Il coinvolgimento dei geni è stato confermato da diversi studi, ma da solo non può spiegare l’aumento di prevalenza dell’obesità degli ultimi 70 anni: sicuramente l’ambiente gioca un forte ruolo sullo sviluppo della patologia. Un ambiente che stimola l’obesità è rappresentato da un insieme di fattori che comprendono dieta, attività fisica, educazione e famiglia. Negli ultimi decenni l'alimentazione è cambiata notevolmente rispetto al passato: non solo è eccessiva rispetto al reale fabbisogno, ma si introducono cibi più calorici, ricchi in zuccheri semplici e grassi saturi e insaturi. Questo in parte è dovuto ad una carente educazione nutrizionale della popolazione generale: inesistenti iniziative da parte della sanità e delle scuole e informazione insufficiente da parte dei mass media. In aggiunta a ciò, ci si muove poco o niente: i prati sono stati sostituiti dai divani e “guardie e ladri” dalla Play Station. La scuola, le famiglie, noi tutti giochiamo dunque un ruolo primario e importantissimo: quello di trasmettere l'importanza di uno stile di vita attivo all'insegna dello sport, del movimento e di sane abitudini alimentari. Negli anni Novanta, il National Cancer Institute e il National Institute of Health, fondarono un programma dietetico con lo scopo di migliorare le discutibili abitudini alimentari della popolazione statunitense, nota per l'eccessivo consumo di pericoloso junk food e povera di alimenti vegetali protettivi e salutari come frutta e verdura. Il programma venne chiamato “5 a day for a better health”, 5 al giorno per una salute migliore, e aveva lo scopo di incrementare il consumo di frutta e verdura tra gli americani fino ad almeno cinque porzioni al giorno, quelle che numerosi studi dichiaravano essere la dose alla quale un reale miglioramento del benessere era tangibile e reale: un modo facile e banale per ridurre il rischio di cancro, diabete, obesità, ipertensione ed eventi cardiovascolari. I risultati ci furono, in parte, ma soprattutto aumentò finalmente la consapevolezza del potere che gli alimenti e le abitudini a tavola hanno sulla nostra salute. L'idea meravigliosa fu quella di rendere tutto ciò anche divertente, spingendo a scegliere queste 5 portate di 5 colori diversi, ciascuno dei quali unico e speciale in quanto riflesso di una particolare composizione di vitamine, sali minerali e sostanze nutraceutiche. L'idea di fare la spesa pensando (anche) ai colori è ancora oggi una delle raccomandazioni più educative (dal punto di vista alimentare) che vengono proposte. Ecco che la frutta e la verdura diventano rosse, giallo-arancioni, viola, bianche e verdi: mi diverto variando il colore del mio piatto e fornisco al mio corpo sostanze preziose, caratteristiche di ogni gruppo e particolarmente benefiche per determinate funzioni del corpo. Rosso (pomodori, fragole, barbabietole, melograno...) contro tumori e malattie cardiovascolari; giallo-arancione (albicocche, arance, carote, limoni, zucche) contro l'invecchiamento e per la salute degli occhi; verde (carciofi, broccoli, kiwi, lattuga, zucchini...) per il corretto funzionamento del sistema nervoso; viola (melanzane, mirtilli, fichi, prugne, radicchio) per il microcircolo e la fragilità capillare. Spremuta d'arancia a colazione, rucola e pomodori a pranzo, banana a merenda e melanzane a cena. Facile no? Un gioco divertente per i più piccini, spesso prevenuti e diffidenti nei confronti di ortaggi e foglie verdi, e un pieno di antiossidanti per la salute di mamma e papà! Bimbi sani saranno adulti sani: tutti sappiamo che uno stile di vita attivo e buone scelte alimentari sono importantissimi per la salute dei nostri bambini e dovrebbero essere alla base della loro educazione.
Tutti lo sappiamo, forse. Siamo proprio sicuri di agire in modo corretto? Ci preoccupiamo davvero di quello che mangiano? Cosa facciamo di concreto per garantire la genuinità dei loro piatti? Leggiamo che l'obesità infantile è a livelli allarmanti, ma come privare la nostra creatura di wurstel e patatine? E i dolci? Siamo convinti che quelli fatti in casa siano molto migliori di quelli confezionati, ma poi ritroviamo Marco che mangia la torta della nonna in sovrappeso come Luca, che mangia solo merendine industriali. E allora? Cosa sappiamo veramente? Oggi, in particolare, parliamo di merenda. Anche per i più piccini, lo spuntino di metà mattina e la merenda di metà pomeriggio sono due pasti fondamentali, importanti a livello energetico per far fronte alle lunghe giornate tra scuola e divertimenti, a livello nutritivo per una crescita regolare, nonché metodi preziosi per avvicinarli a sane e corrette abitudini alimentari. Una buona merenda permetterà ai bambini di non arrivare all'ora del pasto con fame eccessiva, e di non alimentarsi in modo qualitativamente e quantitativamente scorretto a pranzo e a cena. Bisognerebbe dunque evitare di stare lunghe ore digiuni, mangiando a orari regolari piccoli spuntini “spezza fame”. Particolarmente critico è da sempre lo spuntino di metà mattina, che essendo consumato a scuola, mette in crisi anche i genitori più attenti. C'è chi lo sottovaluta e lo fa saltare del tutto e chi lo sopravvaluta, facendo mangiare quantità eccessive di cibo; per non parlare del fatto che troppo frequentemente si ricorre a merendine confezionate per mancanza di tempo, voglia o conoscenze. Non sono certo qui per raccontarvi di quanto le merendine siano dannose per i bimbi e di quanto, essendo eccessivamente ricche di grassi saturi, oli idrogenati e zuccheri semplici possano influire sul peso del vostro bimbo, predisponendolo a sovrappeso e obesità anche in età adulta... ...ma piuttosto a quali potrebbero essere delle alternative gustose e soprattutto migliori a livello nutrizionale! Lo spuntino dovrebbe apportare circa il 5-10 % del fabbisogno energetico giornaliero del bambino; cioè a seconda dell'età, tra le 70 e le 200 calorie. Le seguenti idee possono dunque essere associate tra loro e organizzate in base ai gusti e alle esigenze di ognuno. 1 pacchetto di crackers : preparazione zero, energia tanta! 1 frutto di stagione: una buona abitudine per la vita Macedonia: allegra, colorata e ricca di vitamine 1 yogurt: comodo e veloce da mangiare, ma saziante e gustoso 1 budino al cacao: se scelto bene... perché no? 1 panino con miele, marmellata o crema al cioccolato: la scelta migliore per una giornata impegnativa! Pane condito (ad esempio con noci, uvetta, castagne...) Mix di frutta secca e disidratata Barrette artigianali a base di cioccolato e cereali Una volta alla settimana, tuttavia, può essere inserita una merenda più calorica, magari un dolce o una fetta di torta fatti in casa insieme alla mamma, prediligendo versioni “light”, magari con yogurt, senza burro e non eccessivamente farcite. Vige la regola che la varietà è sempre la scelta migliore: il vostro bimbo non si stuferà e gli farete del gran bene! |
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Aprile 2018
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