I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DA) sono complesse patologie che portano chi ne è affetto a vivere con l'ossessione del cibo, del peso e dell'immagine corporea. I DA colpiscono soprattutto il sesso femminile; sono un fenomeno di frequente riscontro nella pratica clinica e possono compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo, fino a portare alla morte nei casi più gravi. Il centro delle problematiche nei DA è costituito dalla paura di ingrassare, determinata da una distorta e insoddisfacente percezione della propria immagine corporea, a cui si affianca la volontà di controllare l’introduzione del cibo e la perdita di tale controllo da cui, spesso, derivano condotte compensatorie con lo scopo di neutralizzare l’introduzione eccessiva di cibo. L’immagine corporea non deriva solo da una percezione spaziale ma si arricchisce di intense componenti emozionali e cognitive. Negli ultimi trent'anni numerosi studi hanno messo in evidenza un numero maggiore di disturbi alimentari tra gli atleti rispetto ai non atleti e, in particolare, una maggior incidenza tra gli atleti di élite rispetto agli atleti di livelli inferiori. Alcune pratiche sportive richiedono un peso ed una forma del corpo particolari ed un allenamento estenuante, al fine di ottenere una performance adeguata. In effetti, in molti sport un basso peso corporeo è un importante vantaggio per ottenere una prestazione di successo; tuttavia, dietro un apparente vantaggio agonistico, ci possono essere seri svantaggi clinici. Per alcune donne atlete la pressione a raggiungere e mantenere un basso peso corporeo può portare ad assumere condotte alimentari restrittive o a sottoporsi a diete croniche e comportamenti alimentari scorretti. Gli sport predisponenti sono quelli in cui viene enfatizzata la magrezza e dove è richiesto un fisico snello e leggero: ginnastica artistica, danza, pattinaggio artistico, tuffi dal trampolino, ciclismo, atletica. Sebbene non si tratti di un vero e proprio disturbo alimentare, esistono molti casi di atleti che fanno uso di metodi non salutari per il controllo del peso: pasti irregolari, assenza di carne, carboidrati o prodotti caseari nella dieta, ricorso a diete d'urto, digiuni, uso di lassativi e diuretici. Questi atleti presentano tratti della personalità comuni ai pazienti affetti da disordini alimentari. In effetti, le stesse caratteristiche che consentono ad un atleta di eccellere nello sport (determinazione, carica atletica, perfezionismo, competitività, voglia di allenarsi, automotivazione), sono le stesse che incrementano il rischio di sviluppare disordini alimentari. Per molte atlete, il disturbo coincide con la stagione agonistica e diminuisce al suo termine. La preoccupazione per il peso corporeo potrebbe non riflettere una patologia sottostante ma piuttosto il desiderio di raggiungere la migliore funzione fisiologica e prestazione competitiva. Per altre atlete invece la stagione "non finisce mai" e sviluppano un vero e proprio disturbo alimentare. In tale contesto, risulta importante la figura dell'allenatore, soprattutto coloro che hanno a che fare con le ragazzine giovani in età maggiormente critica (11-15 anni): in diversi studi è risultato essere l'allenatore stesso a consigliare o imporre una dieta ferrea alle atlete al fine di migliorare la performance sportiva. Più del 60% delle atlete di élite dichiarano di subire pressioni dall'allenatore per quanto riguarda peso e forma del corpo. Tali comportamenti possono portare a conseguenze psicologiche e cliniche gravi. Al fine di prevenire disastrose conseguenze, sarebbe importante educare e istruire l'allenatore e l'intero staff tecnico, nonché i genitori e le atlete stesse, sull’esistenza dell’anoressia atletica e sui danni che può determinare. E' vero, l'alimentazione è fondamentale ai fini della performance sportiva e ad alto livello l'equilibrio dei nutrienti è indispensabile per una efficace disponibilità energetica e un corretto recupero: l'alimentazione è alla base di un buon risultato. Tuttavia, curare l'aspetto nutrizionale e mangiare in modo sano non significa sottoporre i ragazzini a diete ferree e eccessivamente restrittive sin da giovanissimi. Aspirare ad una eccessiva magrezza per un fine agonistico, non solo mette in pericolo la salute fisica (e non solo) dei nostri ragazzi, ma rischia di sotterrare quello che dovrebbe essere lo spirito dello sport per i più giovani: una scuola di resilienza e determinazione, un esempio di correttezza, di competizione pulita, di benessere e vita sana.
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Aprile 2018
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Dott.ssa Francesca Brun |
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